L’esperienza dell’Ecomuseo Pom Pepin (dal nome delle mele caratteristiche di Orino, coltivate fin dal 1700) è stata avviata nel 2015 da un gruppo di volontari del paese, coordinati dal sindaco Cesare Giuseppe Moia. Alle testimonianze di cultura materiale, donate da cittadini del borgo e paesi limitrofi, sono stati dedicati quattro spazi espositivi denominati “cantine”, con l’intento di conservare, valorizzare, tramandare la storia locale e i valori propri della cultura materiale. Le cantine dislocate nelle strette vie del borgo, in edifici storici dove le attività legate agli oggetti presenti si sono realmente svolte, si presentavano già molto ricche di oggetti e attrezzi. Le testimonianze di cultura materiale sono state selezionate scegliendo le espressioni più rappresentative, meglio conservate e attinenti a un periodo storico che va da fine Ottocento al Secondo Dopoguerra. Ogni testimonianza è stata catalogata seconda la scheda di inventariazione dei Beni Demoetnoantropologici in uso al Catasto Nazionale.
Un esempio: Scheda inventariazione banco del falegname
Gli ambienti sono stati ripuliti con recupero, ove possibile, delle pavimentazioni in beole. La riscoperta dell’architettura degli interni ha permesso di rintracciare meglio la vocazione originaria degli spazi.
La ridistribuzione degli oggetti e delle testimonianze di cultura materiale è avvenuta al fine di destinare ogni luogo a un’area tematica specifica, costruendo un percorso di visita il più possibile fedele alla vocazione e all’architettura interna degli spazi. La ricerca di una corrispondenza tra area tematica e architettura dello spazio espositivo ha richiesto numerosi spostamenti. Si è cercato di realizzare “luoghi narranti”, con spazialità pensata per essere vissuta attivamente dal visitatore, dove gli oggetti-simboli, protagonisti, si possano raccontare. Gli spazi espositivi sono stati riorganizzati considerando in modo ecosistemico le quattro “cantine” come luoghi interconnessi. Per il raggiungimento degli scopi previsti si sono fin da subito coinvolti cittadini e amministratori locali nelle scelte decisionali, proponendo momenti di confronto interno e col professor Andrea Candela, docente associato di Storia e Scienza dell’Ambiente all’Università dell’Insubria. Ogni intervento è stato prima progettato e condiviso con l’amministrazione comunale attraverso documentazione descrittiva e fotografica e, solo in seguito a unanime approvazione, eseguito. Il supporto di cittadini, dipendenti comunali e amministratori è stato necessario per la realizzazione degli allestimenti. Si è ricorso alla conoscenza teorico-pratica dei cittadini per mobilitare grandi attrezzi come carri e per piccoli restauri conservativi. Al contempo, la condivisione degli obiettivi ha offerto alla comunità l’occasione di rinsaldare i propri legami, realizzando un vero Ecomuseo diffuso.