“(…) In quasi tutti i paesi c‟era qualche prato dove veniva seminata e ancora oggi ci sono delle località che nel nome ne ricordano ancora l‟etimo. A Orino c‟era per esempio la Camana, a Cuvio il Canuèe, in altri luoghi in Canvale, il Canavè, il Canevall, il Canuf che poi è il suo nome dialettale. Con essa si facevano lenzuola, vestiti, asciugamani, sacchi, corde e vele per navi. Coltivare la canapa rendeva ma non tutti potevano farlo perché ci voleva l‟attrezzatura e i macchinari dovuti e poi era un lavoraccio. Era una pianta erbacea che cresceva anche oltre due metri. Si seminava in primavera e dopo due o tre mesi, passata la fioritura, si tagliava al piede, si facevano seccare le foglie stendendole al sole e quindi la si metteva a macerare in pozze d‟acqua stagnante detti borghi. A Orino ce n‟era uno al Vadà. Si lasciava a bagno due o tre settimane tenendola sott‟acqua con qualche peso, rastrellando via giornalmente le scorie che marcivano. Per questo motivo puzzava parecchio di putrido. Quando era macerata da staccarsi la fibra, la si lavava in acqua corrente e la s lasciava asciugare. Di seguito si batteva con una particolare tecnica per eliminare ogni scoria e ricavare una stoppia, una matassa grigiastra come una cosa di cavallo che andava cardata con pettini sempre più sottili fino ad essere ridotta a filamenti. Era come un batuffolo di cotone e si filava con il fuso come la lana. Poi si tesseva in casa. Nei nostri paesi c‟erano molti telai e qualche famiglia ne aveva anche di grandi abbastanza per fare lenzuola, altrimenti si cucivano tra loro i telai. Per sbiancare le pezze si facevano bollire con la cenere e si lasciavano asciugare al sole. La stoffa che si ricavava era detta „tela di casa‟, era piuttosto ruvida e pizzicava ma col tempo e i lavaggi, si ammorbidiva. I vestiti erano adatti all‟estate perché freschi. Si poteva lavorare anche mischiata al lino, più morbido, che si produceva alla stessa maniera, o anche con la lana e allora diventava fustagno. Per le corde si intrecciavano canapi più grossi. Con la canapa si faceva anche la carta. Le sementi invece venivano usate dai cacciatori come mangime per attirare gli uccelli al roccolo: cardellini, verdoni e altro.”.
Urin di temp indrè, Comune di Orino, cit., pp. 76-77.