“Gentile era di cuore
insegnò la professione
a tutta l’umanità”
Canto dedicato all’anarchico Francisco Ferrer
“Tra i tipi di paese il più citato, praticamente da tutti, è il Fael: emigrato in Argentina là aveva suonato in una grande banda a Buenos Aires. Era cornettista, suonava la tromba. Ottima persona, oltremare aveva abbracciato la fede anarchica e teneva in casa i ritratti dei suoi eroi. Quando ci fu la liberazione, nel 1945, li portò tutti in strada per festeggiare la vittoria e la fine della guerra: appoggiò al muro i ritratti di Karl Marx e di Garibaldi. Per manifestare la propria fede nel credo anarchico, quando il parroco don Bernasconi passava in processione con l’ostensorio con il Santissimo, interrompeva i canti sacri e le litanie suonando “Bandiera Rossa”. Toccava dunque all’autorità “farlo portar via” dai Carabinieri. Certo la punizione non poteva risolvere il problema: restavano scandalo e turbamento. La proposta del podestà dunque fu: “Tu stai a casa durante la processione, poi, ma solo dopo, potrai suonare Bandiera Rossa nel giardino di casa mia!” Il Fael era senz’altro un personaggio, a volte preso in giro dai ragazzini che lo vedevano così diverso dagli altri, ma era molto amato in paese. Alla sua morte ebbe un funerale civile, ovviamente con la banda. Ora a lui è intitolata una sezione del museo diffuso della cultura contadina.”
(da Consuelo Farese, Orino: la tradizione in Orino: piccolo borgo antico, “Menta e Rosmarino”, 2014).
La vicenda del singolo non deve stupire. Il paese non era mai stato esente da divisioni politiche. Come un tempo i capifamiglia riuniti sulla pubblica piazza avevano potuto esprimersi – e dividersi – sulla scelta del parroco (e avrebbero continuato a farlo fino al 1943), così nelle elezioni comunali dall’Unità d’Italia alla dittatura fascista ci sarebbe stata una continua contrapposizione fra liste popolari e di possidenti. E il caso del Fael non era l’unico. Sempre nello stesso numero della rivista “Menta e Rosmarino” Gianni Pozzi, basandosi su testimonianze orali, fa riferimento ad altri emigranti partiti per le Americhe “buoni cattolici” e “tornati anarchici” (così come accenna, visto che in questa cantina si parla di vino, a una certa predilezione di don Bernasconi per la “bibita di bevande spiritose”, parola di monsignor Gasperini). D’altro canto proprio a Orino visse anche un anarchico di una certa importanza come Domenico Camillucci, di professione gessatore (e c’è da chiedersi se non abbia trattato col gesso anche i terreni agricoli o il mostro in fermentazione, come si fa per ottenere vino meno alterabile e di colore più vivo). Dopo essere immigrato in mezza Europa, fu costretto a combattere nella prima guerra mondiale, dove rimase ferito. In cambio però, a conflitto chiuso, ottenne dal Genio Militare la gestione della caserma sul Monte San Martino parte della Linea Cadorna, che, destinata a diventare albergo, fu invece trasformata in un punto di ritrovo per anarchici. Nel 1920, a seguito di un convegno alla Camera del Lavoro di Varese, il Camillucci divenne membro del consiglio d’amministrazione dell’Asilo-Scuola Razionalista di Clivio, fondato nel 1910 e decisamente all’avanguardia nel campo dell’educazione popolare grazie all’innovativa pedagogia del martire anarchico spagnolo Francisco Ferrer. Le ultime notizie che lo riguardano (conosciamo l’anno di nascita, 1889, ma non quello della morte), sono tratte dal libro di una altro martire contemporaneo, Giacomo Matteotti, Un anno di dominazione fascista (1923, ristampato da Rizzoli nel 2019 con un saggio di Umberto Gentiloni Silveri e prefazione di Walter Veltroni): “Varese – I fascisti bastonano ed impongono il bando a Domenico Camillucci di Orino”.