La mela è il frutto più coltivato sul Pianeta. L’agricoltura intensiva e la diffusione di brevetti hanno portato la coltivazione della mela ad essere insostenibile. 28 trattamenti fitosanitari all’anno, impianti intensivi, piante deboli e di piccole dimensioni per fruttificare il prima possibile. La crisi ecologica sta forzando le multinazionali della mela a ripensare la modalità di coltivazione.
E cosa c’entrano le Foreste dei Meli selvatici?
I ricercatori stanno tornando alle origini, alla provenienza della mela, per trovare soluzioni più naturali ripetibili negli impianti di coltivazione.
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Nelle foreste del Kazakistan la mela è la specie selvatica da frutto più rappresentativa. Tra montagne che raggiungono altezze di 7.000 metri, profonde valli scavate da oltre duecento fiumi, altipiani e versanti diversamente esposti con climi estremi per temperature e umidità, la diversità si manifesta con caratteri propri secondo le regioni interessate.
Nella regione più a nord del Tien Shan, nel massiccio del Tarbagatay, forma nuclei composti da dieci a duecento alberi, anche su ripidi pendii, fino a toccare le nevi perenni. Nel Djungarsky invece il melo selvatico è l’albero dominante di ampie foreste, che arricchisce di una grande biodiversità specifica e di esemplari di età e di altezza smisurate: fino a 30 metri e a trecentocinquanta anni di età. Nell’Aksu Diabagly, alla frontiera con il Kirghizistan, gli alberi, in posizione solitaria o in piccoli boschetti, mostrano particolare resistenza alle malattie e alla siccità anche estrema. Foreste, le tre citate, che hanno subito, per il pascolo e la messa a coltura delle terre, grandi tagli, ma mai come nello Zailiysky, la porzione delle Montagne Celesti più vicina ad Almaty, dove i boschi ai piedi di vette alte anche 7.000 metri si sono ridotti, in epoca sovietica, anche dell’ottanta per cento.
Le foreste sono costituite da alberi diversi gli uni dagli altri; ne deriva una biodiversità impressionante: nei frutti, nelle foglie e nell’architettura generale dell’albero stesso. Altra caratteristica che presentano molti di questi alberi, è la loro resistenza e una notevole tolleranza rispetto alle malattie fungine e batteriche, nonché agli attacchi degli insetti.
Il sistema radicale è molto complesso. È formato da una radice a fittone, che penetra profondamente nel suolo alla ricerca di nutrimento e acqua, e da radici più superficiali a forma di stella, dalle quali spuntano nuovi alberi per la propagazione. La colonia di alberi in rete sulla stessa radice forma una popolazione di cloni dell’albero madre. Sono frequenti anche innesti tra le radici principali di alberi geneticamente differenti, da cui si generano di fatto nuovi individui. Questo sistema radicale è alla base della resistenza e della crescita di Malus sieversii nelle montagne e nelle zone aride. Nel corso della sua lunga evoluzione attraverso milioni di anni, Malus sieversii è riuscito a trovare meccanismi per offrire una gamma di forme, di foglie, di frutti assolutamente unica.
Nelle Foreste dei meli selvatici si osserva come opera la Natura per cercare soluzioni. Queste Foreste sono altamente produttive, gli alberi sono carichi di frutti dolci e succosi. Eppure, nessun contadino interviene nell’allevare queste piante. Significa che queste Foreste conservano qualche segreto utile per ridurre l’impatto dell’agricoltura e della melicoltura.