Nel 2015, l’amministrazione comunale decise di fare della mela Poppina, detta Pom Pepin, il simbolo del paese e dell’Ecomuseo diffuso. Le piante da frutto sono state parte sostanziale del paesaggio rurale; dagli anni Sessanta-Settanta la conversione di terreni agricoli in abitativi ha rapidamente sostituto alberi con case.
La frutticoltura di autoproduzione, tipica dei piccoli borghi di montagna, sparì quasi del tutto. Orino, non avendo ancora perso un legame con la storia e la memoria, ha reagito al cambiamento con la messa in opera di una serie di iniziative, volte a salvaguardare il patrimonio storico-culturale. In questa visione, l’albero da frutto, è vissuto come icona di una civiltà rurale, da preservare dai rapidi mutamenti socioculturali. Il recupero della Mela Poppina è stato possibile grazie all’intervento di agronomi in collaborazione con i paesani, che hanno messo a disposizione le piante in buono stato di conservazione di giardini privati. L’interesse della popolazione e il coinvolgimento sono testimoniati da azioni concrete come la creazione di una scultura di legno dedicata alla mela, l’ideazione di una torta, la realizzazione di magliette, la richiesta di informazioni storico-scientifiche a riviste dedicate, lettere scritte da orinesi emigrati all’amministrazione comunale per manifestare il proprio sostegno e legame con il territorio.
L’Italia dei “comuni” presenta una notevole varietà di ricchezze autoctone, pur non essendo un Centro di Origine per la maggior parte delle piante da frutto coltivate.
L’utilizzo del termine autoctono richiede delle precisazioni. Letteralmente deriva dal latino autochton, con chiare radici greche; significa “stessa terra”. A rigore di definizione occorrerebbe risalire ai Centri di Origine, così come li definì Vavilov nel 1951, ovvero le aree geografiche in cui un gruppo di organismi, domesticati o selvatici, ha sviluppato originalmente le sue caratteristiche distintive. Questa interpretazione va però contro la consuetudine popolare di considerare autoctona una pianta che da molto tempo si è ambientata in un certo territorio. L’utilizzo del termine varietà locale risulta più corretto. Le testimonianze di cultura materiale ad Orino attestano che era d’uso prelevare piante di melo cresciute spontaneamente nei boschi locali ed innestarle. Le tecniche di frutticoltura tradizionale, basate su questo metodo combinato di propagazione sessuata ed asessuata, hanno generato elevata biodiversità. Si calcola che dall’inizio della coltivazione della mela siano state selezionate non meno di 10.000 cultivar, gran parte delle quali sono andate perdute. Quest’ampio spettro varietale è certamente legato alla pratica di diffusione per seme che, soprattutto in specie con una spiccata eterozigosi come il melo, ha come conseguenza un’ampia variabilità. A tutela della biodiversità, sarebbe auspicabile non solo il recupero della coltivazione della mela Poppina, ma anche la valorizzazione delle tecniche colturali proprie della tradizione.